La diplomazia italiana ebbe un ruolo importante nella complicata e dolorosa vicenda delle opzioni dei sudtirolesi. L’ambasciatore italiano a Berlino Bernardo Attolico e il numero due dell’ambasciata Massimo Magistrati, cognato del Ministro degli Esteri Ciano e sua longa manus in Germania, erano sostenitori dell’esodo totale dei sudtirolesi. Come è noto, secondo i documenti tedeschi, all’indomani dell’Anschluss, Magistrati, il 14 marzo 1938, avrebbe parlato al segretario di Stato al Ministero degli Esteri tedesco Ernst von Weiszäcker della necessità di una soluzione radicale e definitiva «per i 120.000 tedeschi in Sudtirolo»1. Dal canto suo l’ambasciatore italiano a Berlino Bernardo Attolico si sarebbe distinto durante le trattative e poi soprattutto nel periodo delle opzioni per il suo zelo nel sostenere la necessità e il vantaggio per l’Italia dell’esodo totale dei sudtirolesi. In particolare quando dall’ottobre 1939 le autorità italiane cercavano di limitare il gran numero dei sudtirolesi optanti per la Germania; sudtirolesi che, secondo Attolico, erano un «cavallo di Troia» della Germania all’interno dei confini italiani.
Il prefetto di Bolzano Giuseppe Mastromattei e Mussolini avevano invece una posizione molto più sfumata preferendo, anche per ragioni economiche, l’opzione per la Germania di circa la metà dei sudtirolesi. Naturalmente era poi Mussolini che stabiliva le decisioni della politica italiana. Nell’ambito dell’azione diplomatica italiana un ruolo per nulla secondario lo svolgeva il consolato italiano di Innsbruck. Esso aveva già ricoperto un’importante funzione agli albori del Novecento a seguito del fallito tentativo tra il 1901 e il 1904 di creare una Facoltà di Giurisprudenza in lingua italiana nella capitale tirolese. Le lotte e gli scontri anche sanguinosi di quel periodo turbarono fortemente le opinioni pubbliche italiane e austriache così come i rapporti dell’Italia con l’Impero austro-ungarico e il Reich tedesco, nonostante la grande moderazione e il tentativo di mediare di Pietro Baroli, console generale italiano a Innsbruck fino all’ottobre 1904. Con l’annessione del Sudtirolo all’Italia dopo la prima guerra mondiale e l’avvento al potere del fascismo a Roma il ruolo di Innsbruck divenne ancora più importante e i rapporti del console italiano venivano letti non solo dal ministro degli Esteri, ma a volte anche dal capo di governo Mussolini, anche quando non era contemporaneamente ministro degli Esteri, cosa rara per i rapporti di un consolato. Nell’aprile 1927 sarebbe stato proprio il console ad Innsbruck Giulio Ricciardi a mettere in contatto con Mussolini il cittadino di Innsbruck Richard Steidle, allora capo delle Heimwehren, il movimento paramilitare che l’Italia fascista avrebbe sostenuto e finanziato con l’obbiettivo di fascistizzare l’Austria e di evitare l’Anschluss alla Germania2. L’Anschluss, compiuto il 13 marzo 1938, e il riaprirsi della questione del Sudtirolo, con la speranza di molti sudtirolesi che Hitler non si sarebbe fermato al Brennero, resero l’importanza del consolato di Innsbruck ancora maggiore. Così Magistrati scrisse al console ad Innsbruck Ambrogio Rotini: «Ringrazio la S.V. per le interessanti notizie fornite, che dimostrano come Ella segua con viva attenzione la situazione costà creatasi a seguito dell’annessione alla Germania. Dall’attività della S.V. rilevo con soddisfazione come Ella abbia compreso quanto delicata ed importante sia divenuta la funzione del R. Consolato Generale in Innsbruck»3.
Ad Innsbruck con l’Anschluss si diffuse la notizia che Mussolini avesse ceduto ad Hitler il Sudtirolo suscitando manifestazioni di entusiasmo da parte della popolazione; manifestazioni che, secondo Michael Gehler, furono riportate in maniera esagerata dagli informatori del prefetto Mastromattei e dal console Rotini e sarebbero servite agli italiani per fare pressioni sulle autorità tedesche perché risolvessero il problema sudtirolese4.
Rotini il 15 aprile 1938 fu sostituito da Guido Romano. Sarebbe stato quest’ultimo a guidare il Consolato di Innsbruck nel drammatico periodo delle opzioni dei sudtirolesi e poi del loro trasferimento. Su posizioni cattolico-conservatrici come il suo predecessore Rotini, Romano inviava rapporti che condannavano fortemente molti aspetti del regime nazista quali il feroce antisemitismo e la lotta alla Chiesa cattolica con la proibizione delle processioni, l’abolizione di alcune festività religiose, l’indottrinamento antireligioso della gioventù e le violenze. Per esempio il 6 luglio 1938 riferiva di gravissime violenze compiute contro giovani cattolici che avevano acceso una enorme croce cristiana sulla montagna dello Hafelekar ben visibile da Innsbruck5. Ed era molto critico verso il Gauleiter del Tirolo Franz Hofer che riteneva un nazista radicale inflessibile nelle misure contro gli ebrei, contro i seguaci del passato regime e contro la religione. Il console che avrebbe sempre mantenuto contatti con elementi antinazisti del passato regime di Dollfuß e con legittimisti asburgici, dava perfino credito a voci infondate secondo le quali Hofer in passato era stato condannato per violenze contro i minori6. Seguendo le direttive di Mussolini, Romano seguiva con attenzione la questione sudtirolese a Innsbruck e in particolare i sentimenti favorevoli ai sudtirolesi ancora presenti in molta parte della popolazione e anche di alcuni esponenti nazisti, sentimenti che preoccupavano molto Mussolini che leggeva con interesse e sottolineava i rapporti del console da Innsbruck. In base alle direttive di Hitler le nuove autorità naziste, come riportava Romano, pur senza agire con la brutalità che li contraddistingueva, fecero praticamente cessare le attività di propaganda per il distacco del Sudtirolo dall’Italia. L’Andreas Hofer Bund fu chiusa, la casa di Reut-Nicolussi fu perquisita e fu arrestato e trattenuto in carcere per parecchi giorni un ex presidente dell’Andreas Hofer Bund: il sacerdote Franz Kolb, già deputato cristiano-sociale dal 1927 al 19347. Sebbene le misure contro questi ultimi non furono causate in primo luogo dalla questione del Sudtirolo, ma nel caso di Reut-Nicolussi dai suoi contatti con l’estero (in particolare per i suoi articoli sulla stampa americana e soprattutto inglese) e riguardo a Franz Kolb dal fatto di essere stato un importante esponente cattolico.
Tuttavia il consolato di Innsbruck riferì, per tutto il mese precedente alla visita di Hitler in Italia del maggio 1938, il persistere ad Innsbruck delle voci secondo cui Mussolini avrebbe restituito il Sudtirolo alla Germania in occasione della visita e la successiva delusione per le solenni dichiarazioni di Hitler di rinuncia al Sudtirolo. Romano avrebbe più volte segnalato di gerarchi nazisti che segretamente affermavano che bisognava evitare una propaganda irredentista rumorosa o appariscente, ma curare con ogni mezzo che il Sudtirolo rimanesse presente nell’animo dei tedeschi. Interessante che, secondo il console italiano, la popolazione di Innsbruck non era per nulla entusiasta del nuovo ordine nazista.
Particolarmente drammatico, anche se unito ad altre notizie, il resoconto fatto da Romano sulle violenze perpetrate a Innsbruck alle persone e alle proprietà ebraiche nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 nella famigerata cosiddetta notte dei cristalli. Le squadracce naziste violarono lo stesso appartamento del console italiano che si trovava al primo piano di una villa, per poter passare più facilmente al secondo piano abitato da una ricca famiglia ebraica. Il console registrava le gravi violenze nella città anche contro l’abitazione di un ebreo 94enne paralitico, Leopold Dubs e asseriva che erano 5 gli ebrei uccisi (oggi si parla di 4 vittime sicuramente accertate)8, una decina quelli feriti gravemente e molti di più quelli portati via9. Bisogna dire che però le autorità italiane non protestarono con quelle naziste in maniera corrispondente alla gravità della violazione del domicilio del console e lo stesso Romano si dichiarò, almeno ufficialmente, soddisfatto delle ampie scuse che gli fecero sia il Gauleiter Hofer che il capo di Stato Maggiore delle S.A. Viktor Lutze. Per Romano, la popolazione di Innsbruck era costernata, sbigottita e profondamente indignata per le violenze, ma terrorizzata e quindi molto guardinga nell’esprimere il proprio giudizio per non correre il rischio di essere deportata al campo di concentramento di Dachau come si diceva fosse successo già a 3 ariani per aver espresso la propria riprovazione10.
Il 23 giugno 1939, nella famigerata e famosa riunione tra italiani e tedeschi nella sede del comando delle SS a Berlino presieduta da Heinrich Himmler, si decise il trasferimento dei sudtirolesi anche se non ci si mise ancora d’accordo sulle modalità e sui numeri; infatti Hitler e Himmler già da tempo erano favorevoli al trasferimento totale dei sudtirolesi in Germania mentre gli italiani, come si vide anche in seguito, desideravano sì italianizzare il Sudtirolo, ma per non pregiudicare l’economia della regione e per non dover pagare troppi rimborsi, auspicavano un trasferimento solo di circa la metà del gruppo sudtirolese pari a circa 100.000 persone. Per il prefetto di Bolzano Mastromattei inoltre questo numero corrispondeva a quello dei veri sudtirolesi di etnia tedesca, mentre gli altri erano di stirpe italiana anche se germanizzati da secoli di dominio asburgico come aveva sostenuto il teorico dell’italianizzazione Ettore Tolomei.
In passato, soprattutto negli anni’60 e ’70, la storiografia italiana aveva sostenuto che gli italiani volessero allontanare solo i 10.000 residenti in Sudtirolo con passaporto tedesco più altri 2.000 irriducibili, mentre per alcuni autori di lingua tedesca erano stati gli italiani i principali responsabili dell’idea del trasferimento. La verità sta nel mezzo, “die goldene Mitte”. Se i principali fautori del trasferimento totale furono Hitler ed Himmler, anche le autorità italiane avevano molte responsabilità: esse desideravano italianizzare la regione ed allontanare una metà dei sudtirolesi. Inoltre la politica di italianizzazione forzata perseguita dal 1922 dal fascismo aveva particolarmente oppresso i sudtirolesi. Alla riunione di Berlino parteciparono da parte italiana l’ambasciatore Attolico, Magistrati, Mastromattei, lo stretto collaboratore di Ciano Blasco Lanza d’Ajeta e il console a Innsbruck Guido Romano a dimostrazione dell’importanza del suo ruolo sebbene egli non prese la parola rimanendo solo in ascolto11. Da segnalare che Himmler dichiarò l’intenzione tedesca di trasferire i sudtirolesi nel Tirolo settentrionale e ad Innsbruck: cosa che provocò una reazione dell’ambasciatore Attolico secondo il quale in questo modo il problema non sarebbe stato risolto, ma solo spostato di pochi chilometri al di là della frontiera.
L’accordo definitivo per le opzioni sarebbe stato siglato solo il 21 ottobre 1939 e la stampa italiana lo presentò come la soluzione del problema dell’Alto Adige, ma anche come una libera decisione lasciata ai sudtirolesi.
Per Attolico il non approfittare dell’occasione, per lui unica, di allontanare tutti i sudtirolesi, era un grave errore. Così scriveva a Ciano il 10 novembre 1939 «Non Ti nego che a noi qui oggi piange il cuore nel dover andare proprio da quei Tedeschi – sui quali per anni abbiamo esercitato, su precise istruzioni di Roma, la più forte pressione allo scopo di indurli a favorire – con ogni mezzo – la risoluzione del problema alto-atesino – per pregarli ora, invece, “che si astengano dal far compiere opera di propaganda per i rimpatri in Germania” […] Perché aver sulla coscienza, proprio noi, di voler trattenere per forza nei nostri confini della gente che intende e vuole, e ha mostrato di assolutamente volere, rimanere, per i secoli dei secoli, tedesca e non altro che tedesca? Quella gente – concludeva Attolico – ci odia»12.
Alla fine oltre l’80% dei sudtirolesi avrebbe scelto la Germania, ma solo circa 75.000, pari a poco più di 1/3 del totale si sarebbero effettivamente trasferiti alla data dell’8 settembre 1943.
A differenza dell’ambasciatore, il console a Innsbruck non sembrava entusiasta di un trasferimento totale dei sudtirolesi e nei suoi rapporti sottolineava il lato umano delle loro sofferenze e come molti trasferiti ad Innsbruck si sentissero ingannati e volessero tornare in Italia. Romano lo segnalava già poco dopo la fine del periodo previsto per le opzioni, che era fino al 30 dicembre 1939, e il 5 febbraio 1940 scriveva che alcuni sudtirolesi optanti «si erano rivolti a questo R. Consolato generale per ottenere di rientrare in Italia e che gli interessati, informati delle difficoltà che si oppongono alla realizzazione del loro desiderio, hanno per lo più risposto che intendono ritornare anche senza passaporto attraverso le montagne e che una volta in Italia sapranno quel che devono fare per liberarsi delle conseguenze dell’”inganno subito”. Notevole – aggiungeva Romano – è anche il fatto che, nei frequenti contatti con cittadini italiani nelle strade, nei negozi, nei pubblici locali, i rimpatriati ostentano un tratto correttissimo ed usano la nostra lingua. Le loro condizioni economiche peraltro sono generalmente piuttosto misere»13.
Romano era in sintonia con il nuovo prefetto di Bolzano Agostino Podestà il quale cercava di trattenere soprattutto le popolazioni contadine e dichiarava che molti che avevano optato per la Germania non ne avevano diritto perché, pur essendo di lingua tedesca, erano di razza italiana. Vi era inoltre il problema degli optanti residenti e originari del Trentino che secondo gli italiani non faceva parte del territorio soggetto ad opzioni. Proprio Romano fu incaricato di discutere con il Gauleiter Hofer nel giugno 1940 di questa delicata questione come anche di quella delle pressioni che i tedeschi facevano sui dipendenti pubblici italiani in Sudtirolo che secondo gli accordi avevano sei mesi in più per poter decidere di optare e cioè fino al 30 giugno 194014.
La popolazione di Innsbruck, secondo Romano, non era particolarmente entusiasta dei sacrifici ad essa imposti per ospitare i sudtirolesi. La presenza di tanti optanti sudtirolesi non avrebbe certo contribuito ad un clima favorevole all’Italia ad Innsbruck.
Già quando l’Italia, nel settembre 1939, nonostante il Patto d’Acciaio con la Germania nazista, era rimasta non belligerante dopo l’attacco tedesco alla Polonia e la dichiarazione di guerra di Gran Bretagna e Francia al Terzo Reich, Romano segnalava come ad Innsbruck nel quadro di uno stato d’animo in maggioranza depresso per lo scoppio della guerra riaffiorassero «le sopite aspirazioni per l’Alto Adige»15.
In effetti ad Innsbruck queste aspirazioni non erano mai cessate e riapparivano nei momenti di esultanza come dopo le grandi vittorie tedesche e soprattutto dopo le gravi sconfitte italiane in Grecia, in Africa e per mare del novembre – dicembre 1940. Dopo queste sconfitte l’Italia era ormai subordinata alla Germania e dipendeva dal suo aiuto militare. Nel luglio 1941 Mussolini era particolarmente allarmato ed anche adirato con i tedeschi per un rapporto di Romano che registrava la ripresa dell’irredentismo sudtirolese sotto gli auspici dello stesso Gauleiter del Tirolo Hofer16. Una settimana dopo Ciano annotava nel suo Diario che Mussolini non si faceva più illusioni sulla volontà tedesca di annettersi l’Alto Adige, al più tardi dopo la guerra17.
Anche la disastrosa sconfitta dell’esercito tedesco a Stalingrado nel febbraio 1943 venne attribuita da molti in Germania e in particolare ad Innsbruck, al comportamento delle truppe italiane e in città riaffioravano vecchi francobolli non ufficiali già circolanti nella prima guerra mondiale sugli italiani traditori e nemici dei tirolesi, come riferiva il nuovo console Loffredo Morganti18.
Sia ad Innsbruck che poi a Vienna, dove fu trasferito il 28 ottobre 1941 e promosso alla guida di quel consolato, Romano tenne contatti con elementi antinazisti austriaci legittimisti asburgici o legati al passato regime di Dollfuß e nei suoi rapporti a Mussolini sottolineava una contrarietà degli austriaci al regime nazista e alla guerra anche superiore alla realtà e segnalava perfino la presenza di un’opposizione segreta e di uno spirito di resistenza dopo le sconfitte tedesche in Russia19. Anche per molti sudtirolesi la Germania nazionalsocialista avrebbe segnato l’arruolamento obbligatorio nelle forze armate tedesche e una probabile morte in Russia.
Ad Innsbruck Romano sarebbe stato sostituito da Loffredo Morganti che seguì la fase finale del trasferimento quando gli italiani protestarono con i tedeschi per il fatto che nel 1942 e nel 1943 i trasferimenti vennero quasi a cessare. E dopo l’8 settembre 1943, il Terzo Reich si sarebbe annesso de facto anche se non ufficialmente il Sudtirolo, sancendo il fallimento della politica di Mussolini di accordo con la Germania di Hitler, mentre anche per molti sudtirolesi, in particolare per gli optanti per l’Italia, le sofferenze non sarebbero finite.
Come tutti i diplomatici italiani che si rifiutarono di aderire alla RSI, Guido Romano rimase inizialmente «internato» a Vienna dal 12 settembre al 16 ottobre. Tuttavia resistette poco alle pressioni delle autorità tedesche e in quella data dichiarò strumentalmente la propria adesione alla RSI e alla fine del novembre 1943 gli fu concessa la possibilità di tornare in Italia. Varcata la frontiera Romano, adducendo precarie condizioni di salute, si rifiutò di entrare in servizio presso il Ministero degli Esteri di Salò rimanendo a Stresa fino alla fine del conflitto20.
1 Federico Scarano, Tra Mussolini e Hitler. Le opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 85. A questo libro si rimanda per la bibliografia completa sul problema delle opzioni alle pp. 225-238.
2 Federico Scarano, Mussolini e la Repubblica di Weimar. Le relazioni diplomatiche tra Italia e Germania dal 1927 al 1933, Napoli, Giannini, 1996, pp. 62-63.
3 Magistrati a Rotini, Berlino, 11/04/1938, Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, fondo Affari Politici Germania, busta 46 (1938).
4 Michael Gehler,”wie äusserst empfindlich die vor den Toren Italiens geschaffene Lage ist.” Der “Anschluss” 1938 und die Südtirolfrage mit Blick auf die “Achse” Berlin-Rom, in Tirol zwischen Diktatur und Demokratie (1930-1950), a cura di Klaus Eisterer, Beiträge für Rolf Steininger zum 60. Geburtstag, Innsbruck, Studien, 2003, pp. 211-246.
5 Romano a Ciano, Innsbruck, 06/07/1938, I Documenti Diplomatici Italiani (d’ora in poi DDI), IX Serie (1938-1943) IX, D. 290.
6 Romano a Ministero Affari Esteri, Innsbruck, 22/06/1938, Archivio Storico del Ministero Affari Esteri (d’ora in poi ASMAE), Affari Politici Germania 1931-1945 (d’ora in poi APG), b. 38, (1938).
7 Giuseppe Bastianini (sottosegretario agli Esteri) a Ministero dell’Interno, Roma, 27/06/1938, dcoumento che riprende un rapporto del Consolato di Innsbruck del 21/04), ASMAE, APG, b.46, 1938.
8 Michael Gehler, Tirol im 20. Jahrhundert. Vom Kronland zur Europaregion Tyrolia, Innsbruck-Wien, Athesia, Bozen, pp. 159-162.
9 Romano a Ciano, Innsbruck, 12/11/1938, in ASMAE, APG, b. 46 (1938), le cui parti più importanti sono state riprodotte nella mostra dal titolo „Von Innen nach Außen. Die Novemberpogrome 1938 in Diplomatenberichten aus Deutschland“, Berlin, 10.11.2013-10.5.2014, kuratiert von BergZwo communication + concepts, Berlin.
10 Ibidem.
11 Scarano, Tra Mussolini e Hitler, cit., pp. 164-173.
12 Ibidem, p. 208.
13 Romano a Ciano, Innsbruck, 02/01/1940, ASMAE, Rappresentanze Diplomatiche Berlino, b. 175 (1940)
14 Romano a Ciano, Innsbruck, 24/06/1940 DDI, Serie IX, V, D. 99.
15 Romano a Ciano, Innsbruck, 05/09/1939, DDI, Serie IX, I, D. 51.
16 Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943, a cura di Renzo De Felice, Milano, 1980, annotazione del p. 531
17 Ibidem, p. 533.
18 Morganti a Mussolini, Innsbruck, 22/02/1943, DDI, Serie IX, X, D. 50.
19 Romano a Mussolini, Vienna, 26/06/1943, ibidem, D. 455.
20 Fascicolo personale di Guido Romano, ASMAE, DG Personale, serie B 18, b. 93, f. 219. Ringrazio la dr.ssa Federica Onelli dell’ASMAE per la consultazione.